domenica 27 marzo 2016

Mercato che Passione !






L’estate inoltrata e piena aveva disegnato nel cielo un sole giallo intenso che Maria poteva scorgere nell'angolo a destra della grande vetrata che, dal salone della sua casa, volgeva lo sguardo sulla piccola piazza.
Maria Antonietta, Maria come a me piace chiamare, teneva svogliatamente tra  le mani il suo ricamo lasciando che la stoffa , sulla quale il mazzo di rose stava prendendo vita, scivolasse pian piano dalla sua gonna di taffetà color bordeaux sino al pavimento in legno lucido che, riscaldato dai raggi del sole, emanava un dolce profumo di cera molto simile, a parer suo, al profumo dolce del tabacco che bruciava lentamente nella pipa del padre, nella stanza accanto.
Era annoiata, infastidita quasi, dal silenzio che regnava nella stanza ed una dolce frenesia si stava impossessando di lei.
Si alzò, guardò fuori dalla finestra e pensò che non avrebbe sprecato un minuto di più in quella stanza a ricamare corredi ai quali non era ancora per nulla affezionata e tanto meno interessata.
La madre dalla poltrona opposta, sotto il grande quadro del trisavolo ritratto in tenuta da caccia dentro ad un paesaggio cupo ed opprimente dove un povero fagiano giaceva ormai morto e penzolante tra le sue mani, stava sfogliando un libro di giardinaggio e commentava di acquistar sementi e oggetti da giardino.
“Oggi è sabato “ disse Maria “ Giorno di mercato!  Andrò a fare un giro a veder se posso trovare qualche frutto o ortaggio da portare a Natalina per il pranzo. ”
“Non vorrai mica uscire adesso? A quest’ora? Da sola? Al mercato? In mezzo a tanti uomini?”
“Hai altre assurde domande da pormi madre o posso tranquillamente uscire a vedere la città in tutti i  suoi colori invece di restare qui ad annoiarmi su ricami che credo mai vorrò per me?”
Non sentì cosa rispose la madre perché le sue giovani game l’avevano già portata fuori, nella piazzetta e stava imboccando la strada che dritta dritta portava al mercato.
Ah! Che sole, che aria, che respiro, che libertà! Aveva al braccio una piccola sporta di vimini , simile ad un paniere, coperto di una stoffa coloratissima e dipinta a mano dalla madre che amava dilettarsi nella pittura, con scarso successo peraltro, così che i tulipani rossi gettati a pennellate sulla stoffa avevano le sembianze di cavalieri insanguinati e stramazzati al suolo dopo una lunga battaglia.
Imboccò la via, svoltò a destra, proseguì a sinistra e le apparve la piazzetta  successiva gremita di gente :
“Il Mercato”.
S’intrufolò tra i banchi e…..qui iniziò il suo viaggio tra i sapori e gli stupori.
Il banco dei formaggi e dei salumi era gestito da un grosso e basso  uomo con barba lunga ma senza capelli ed il contrasto tra il cespuglio sotto ed il deserto sopra  fece sorridere Maria che subito ne fu attratta e si avvicinò al banco. Il profumo intenso di toma dell’alpeggio si appropriò dei suoi sensi. 
La vista fu rapita dalle forme dei salami appesi al banco e pendenti  da una corda che parevano tanti piccoli impiccati. Grosse fette di formaggio stagionato si abbracciavano tra di loro su canovacci di lino e ciotole di candida ricotta stavano in bella mostra vicino a cotechini e sanguinacci dal colore scuro, intenso, sembravano grossi ed impossibili bislunghi chicchi d’uva nerissima, come se la natura per scherzo li avesse tirati alle due estremità.  
Era un mercato di città, dove veniva offerta la merce migliore e i commercianti avevano molta cura nell'esporla,  molto più che in un qualsiasi altro mercato di un qualsiasi altro piccolo paese fuori dalle porte della città.
Maria viveva di curiosità così passò al banco successivo e a quello dopo e all’altro ancora e si riempì occhi, olfatto, vista, tatto di tutti i tesori  della terra, della natura che incontrava tra i banchi del mercato.
Incontrò i peperoni  felici e sorridenti esposti con cura in una sequenza di eccitanti colori che andavano dal giallo al rosso al verde, pomodori orgogliosi di esserlo gonfi di succo e caldi di passione, aggrapparti a sottili piccole braccia verdi come se avessero paura di essere staccati e divisi dai propri compagni. Trovò foglie di un  intenso e fresco verde lattuga, scura e frastagliata cicoria a ceppi immensi che lei ricordava aver visto anche nei prati fuori la città quando andava  a passeggiare col padre, tonde e sformate patate dalla buccia color sabbia, sottile e ancora sporche come fossero appena state strappate dal grembo materno della terra.
Al banco della frutta e verdura vi era una donna. Una mora prosperosa come le more che teneva nei suoi cestini. Bella, sorridente, aveva labbra carnose come fragole , rosse come ciliegie, seni gonfi come mele e, supponeva Maria, morbidi come pesche. Si avvicinò al banco e i suoi occhi esplosero in colori che neppure l’arcobaleno poteva contenere. Guardò ed accarezzò con le mani trepidanti i frutti che Madre Natura aveva messo in terra perché gli uomini potessero goderne.
Maria era eccitata, entusiasta, confusa, golosa e capricciosa di odori e sapori. Le sembrava che  il suo copro vibrasse come di fronte ad una grande emozione. Come un’emozione d’amore.
Era la scoperta di ciò che il mercato poteva offrire, in tutte le sue varianti naturali, in tutti i suoni dei sapori e la musica che nasceva in lei era come se fosse stata scritta su di uno spartito di finissima e profumata carta sulla quale le note componevano ricette nuove ed invitanti che il suo corpo avrebbe voluto mangiare all'istante.
Si calmò solo quando il suo cestino fu colmo di cibo e con l’eccitazione di una bambina  alla quale avevano appena regalato un nuovo giocattolo tornò a casa, fece le scale di corsa e…. 
“Natalina! Guarda cosa ho comperato! Vieni in cucina e mettiamoci subito al lavoro. Prepareremo insieme un pranzo buono, fresco e colorato!”
“Ma Signorina lei non può entrare in cucina, non è luogo per la figlia dei padroni!”  Disse Natalina disperata per l'irruenza e la disobbedienza della giovane Maria.

“Mia cara Natalina, dove c’è novità, scoperta e preparazione, quello è il mio luogo. E la cucina è un luogo adatto alla scoperta ed alla creazione. Ora al lavoro! E’ un ordine!”       

domenica 6 marzo 2016

Siamo Tutte un po' Marchesa.

Dalla finestra della sua casa Maria Antonietta guardava l'acqua piovere da quel cielo grigio e denso di nubi che , immobili sopra la sua città e stanche di ridere, avevano scelto, quel giorno, di piangere ininterrottamente.  Dalla cucina il profumo dei biscotti appena sfornati aveva invaso la casa ed aveva raggiunto tutte le stanze , prepotentemente, senza chiedere permesso alcuno ed aveva stuzzicato la noia delle ore che lente passavano tra una lancetta e l'altra dell'antico orologio a pendolo, quello che aveva lasciato il nonno,  che stava nel grande atrio della casa. "Din Don" "Din Don".  L'ora così stuzzicata suonò. Il rumore della teiera appoggiata dalla madre sul tavolo di marmo della sala da tè e quello dei cucchiaini d'argento che lentamente solleticavano le chicchere  nell'intento di mescolare lo zucchero , la riportarono  alla realtà della sua casa, più ancora del suono del vecchio orologio. Si voltò svogliata, indugiò un attimo prima di raggiungere la madre e, scrutando nuovamente il cielo, si sentì invadere da un senso di solitudine ed impazienza, di frenesia e di desiderio.
"Ci sarà altro luogo oltre a questa città dove poter vivere? Altro luogo dove le speranze ed i sogni possano trovare  spazio e  realtà? Altro luogo dove una  donna possa esprimere il proprio essere e dove poter scegliere di vivere una vita che non sia solo quella del matrimonio e della famiglia? "
Maria Antonietta aveva sogni. Sogni di donna impaziente ed intelligente. Desideri da esprimere, storie da raccontare. Aveva grandi idee e grandi progetti che sentiva lentamente e dolorosamente soffocare in una vita di provincia ed in una casa dove la famiglia non era pronta a comprendere ed accettare.
Restò appoggiata ancora per qualche minuto al davanzale della grande finestra sulla piccola piazza, senza muoversi di un centimetro mentre i suoi piedi, impazienti come i suoi desideri  danzavano immobili  in modo confuso ed agitato sotto la grande gonna pesante di velluto color verde scuro. Le scarpette da casa di stoffa, ricamata a tulipani colorati,  picchiettavano sul vecchio pavimento di legno segnando la musica di un viaggio, il suono di un andare, le note di una fuga , il canto di una scelta : " Esistere per essere. Scegliere per essere. Donna per essere donna."
Fu così che nacque il suo cambiamento. Fu ascoltando il suono del suo parlare dentro di sè. Fu così che scelse di essere donna diversa da donna nella sua epoca di fine 800. Così, dietro i vetri di una finestra in un giorno di pioggia di inizio di Primavera. La Primavera della sua vita che segnò stagioni di libertà, idee, parole, espressione, lavoro, partenze, letteratura e scrittura.
Questo è  solo il racconto dell'inizio di un'idea, dell'inizio di una vita, quella vita che Maria Antonietta ebbe il coraggio di plasmare a se stessa. Questo è solo il principio del racconto della forza di una donna che seppe scegliere se stessa in un'epoca che voleva le donne nascoste e silenziose, sottomesse alla vita di moglie e madre. Un'epoca dove il pensiero femminile per potersi esprimere doveva trasgredire, doveva rischiare ad esporsi in una società dove l'uomo era padrone. Ma la forza non si ferma, la forza dei desideri quando la senti crescere nell'animo è come un torrente in piena e non  esiste diga che possa trattenere e circoscrivere la volontà di una donna quando ne prende coscienza. Maria Antonietta ne fu l'esempio. Fece grandi cose, vi piacerà sapere cosa e come , ma ve lo racconteremo nelle prossime puntate.